literature

Un Sogno - Capitolo 8

Deviation Actions

ElectricLimeFloppy's avatar
Published:
173 Views

Literature Text

Mi avevano addestrato bene nelle settimane successive. Mi avevano fatto esercitare in tecniche di guerriglia, in combattimento urbano, oltre che nel corpo a corpo. Mi avevano trasformato nel loro esperimento, trasformato da normale essere umano ad una chimera. Avevo imparato poco a poco ad usare le ali che mi avevano impiantato, grazie agli esercizi che mi facevano fare ogni tanto. Mi avevano dato un equipaggiamento, una divisa. Ed ora ero lì, in un corridoio, camminando lentamente fra tubi arrugginiti e deboli luci calde, scortato da due soldati come se fossi il peggiore dei traditori.
Stavo per fare conoscenza dei miei due "colleghi", ragazzi che presupponevo fossero stati tanto sventurati da essersi trovati come me in questa situazione orribile. Immaginavo di vederli disorientati, confusi e ansiosi di capire cosa stava succedendo esattamente come mi sentivo io in quel momento. Me li ritrovai davanti mentre ero assorto da questi pensieri, e quando li vidi mi ritrovai spaesato. Non erano per niente come me li ero immaginati.
Erano un ragazzo ed una ragazza, dovevano essere miei coetanei a giudicare dall'aspetto e dall'altezza. Sembravano tranquilli a prima vista. Il ragazzo era biondo, con un taglio di capelli a metà fra quello di un giovane alternativo e di un militare, con una ciuffo pendente a sinistra e il lato destro rasato. Magro, portava un paio di occhiali da hipster neri, oltre che un evidentissimo brillante d'argento ad un orecchio. Sembrava molto estraneo alla situazione, eppure appariva come il più calmo di tutti. La ragazza era diversa. Era calma, ma c'era qualcosa di diverso in lei. Come una specie di consapevolezza della situazione dove si trovava,  quasi un'accettazione della stessa. Comunque non era male. Abbastanza alta, teneva i sui capelli corti arancioni legati con un elastico azzurro, era molto bella. Aveva un viso rilassato ma non sembrava una di quelle bambole giapponesi senza imperfezioni. Il suo volto era un volto dolce ma allo stesso tempo maturo, e ciò gli conferiva un'aria di autorità, persino in una situazione come quella.

«Riposo soldati» disse a voce alta la ragazza

I due uomini ai miei lati si staccarono da me e andarono indietro da dove erano venuti. Mi sentivo impacciato davanti a quei due ragazzi, della mia stessa età, che sembravano molto più esperti di me in ciò che stava succedendo.

"Quando vi hanno preso?" chiesi timidamente dopo attimi di silenzio

"Cosa vuoi dire?" chiese la ragazza

"Intendo, quando vi hanno impiantato quelle?"

"Intendi le ali? Noi abbiamo accettato per nostra volontà di sottoporci al trapianto delle Ftera." rispose il ragazzo.

"Forse tu, io sono stata selezionata per partecipare al progetto dopo una missione sul campo. Comunque prima di parlare di queste cose lascia che mi presenti. Io sono Giulia, il mio amico è Rocco. E tu?"

"Mi chiamo Davide. Ma senti, che cosa ci facciamo qui? Perché ci hanno impiantato le ali? E sopratutto, cosa vogliono che facciamo?"

"E' inutile fare queste domande ora. Ti dobbiamo portare con noi per la tua prima missione. Non vogliono che tu compia gesti insensati. Ora ti prego di seguirci"

Rimasi dov'ero. Col cavolo che li avrei seguiti. Prima volevo delle risposte. Provai a fermare Giulia, che aveva cominciato a camminare, quando all'improvviso mi ritrovai la canna di una pistola puntata ad una tempia. Mi fermai di colpo, osservando Rocco che reggeva la pistola con una sola mano, guardandomi con uno truce.

"Ti abbiamo detto di seguirci, ora ci segui" sibilò lentamente, scandendo ogni parola per conferire più autorità alle parole.

Fui costretto a seguirli. Dove diavolo ero finito? Fra medici che mi drogavano, ufficiali che citavano Orwell e ragazzi che puntano pistole sembrava che fossi finito in un incubo. Un incubo dal quale era impossibile risvegliarsi. Dopo aver percorso anonimi corridoi,rampe di scale e immensi magazzini, ed essere passati davanti a vari controlli di sicurezza uscimmo finalmente all'aria aperta.
Il contatto con l'aria fu la prima cosa familiare che provai dopo quei giorni, forse settimane, che ero stato rinchiuso in spazi chiusi. La brezza del mattino, il calore dei raggi solari, tutto mi sembrava irreale dopo ciò che avevo passato. Mi resi conto che ci trovavamo su un tetto. Guardai giù. Erano tre piani, pensavo di più dal numero di scalinate che avevamo percorso. Davanti a noi una pista d'atterraggio. Pensavo che ci sarebbe venuto a prendere un elicottero, o qualcosa del genere.
Ero proprio stupido allora.
Vidi Giulia e Rocco posizionarsi sul bordo. La ragazza mi invitò a venire dove stavano. Capì in un attimo cosa stava succedendo. Dovevo volare insieme a loro. Usare le ali per un vero volo. Avevo già fatto delle prove per abituarmi ad usare i nuovi muscoli che mi erano stati impiantanti, e a muoverle bene, ma non avevo mai provato un vero volo. Giulia continuò a farmi segno di venire, mentre Rocco sbuffava nervoso.
A questo punto credo che feci una delle cose più stupide ed allo stesso tempo più geniali mai fatte. Comincia a correre. Correvo verso il bordo, tendendo le ali e avvicinandomi al precipizio.
Ero vicinissimo, vidi Giulia staccarsi dal bordo per cercare di fermarmi. Lo sapevo, dovevo allinearmi a loro per buttarmi giù e poi prendere quota dopo aver stabilizzato le ali, me lo avevano detto nelle esercitazioni. Ma alla fine se precipitavo e finivo in una pozza di sangue che faceva? Ero diventato un mostro, se fossi riuscito a volare sarei vissuto, se no sarei morto in pochi attimi. In tutte e due i casi avrei vinto contro chi mi aveva fatto ciò.
Giulia agitava le braccia venendo incontro a me. Ero a pochi metri, diedi più forza nelle gambe, accelerai di colpo. Ero come un treno senza controllo. A pochi centripeti dalla ragazza accelerai ancora. Sentivo il cuore battere all'impazzata, il respiro farsi affannoso, l'aria inspirata più densa, ma non importava. Giulia tese una mano per afferrarmi il braccio, ma fui più veloce. Sentì le sue dita sfiorare la mia tuta, ma nient'altro. Anche Rocco provò a venirmi incontro ma era troppo tardi.
Spiccai il salto.
Con le ali tese al massimo avevo allargato le braccia per formare una croce con il mio corpo. Dopo qualche secondo in aria la forza di gravità mi attirò inesorabilmente verso il terreno e tesi le braccia lungo il corpo, prendendo velocità e ritraendo le ali.
Pochi secondi di caduta libera, al secondo piano ristesi le ali e mi diedi uno slancio verso l'alto. Il mio corpo tracciava una parabola nell'aria, portandomi a pochi centripeti dall'asfalto, fino a riprendere quota, più veloce che mai. Acquistai quota, sempre con le ali tese, e infine diedi un rapido colpo per stabilizzarmi.
Ero salvo. L'aria mi arrivava in faccia violenta, e fredda, gli occhi mi lacrimavano, ma volavo. Un altro battito d'ali e comincia a sfrecciare per i palazzi della città. Non pensavo a niente in quel momento.
Non mi importava degli altri due ragazzi, dell'esercito, di chi aveva fatto ciò a me.
Non mi importava della scuola, degli amici, della mia vita.
Ero solo io, l'aria e le ali.
Insieme come un un unico corpo.
Per chiunque si fosse chiesto "Quando spicca il primo volo?" Beh, eccovi accontentati. Non perdetevi il prossimo capitolo di "Un Sogno". Verità dure da accettare saranno sparate in faccia al protagonista, mentre tutto il mondo intorno a lui sembra non essere più umano.
© 2012 - 2024 ElectricLimeFloppy
Comments0
Join the community to add your comment. Already a deviant? Log In